Il blog di Neri Fadigati. All rights reserved.

giovedì 19 gennaio 2012

Naufragio della Concordia, la versione di Ido.

Parla Ido Cavero, primo a dare l'allarme: "Sono uscito subito in mare, ero sotto la nave quando ha urtato di nuovo e si è piegata sugli scogli".

C’è Ido? C’è Ido? Squilla in continuazione in estate il telefono della gestione ormeggi di Giglio Porto e la domanda è sempre la stessa, c’è Ido?
Ido Cavero è una figura leggendaria al Giglio. I ragazzi che lavorano con lui per scherzo rispondono, Ido non esiste, è un mito. Leggenda avvalorata dal fatto che il suo codice fiscale comincia con le lettere CVR DIO.
Ido possiede l’unica gru del porto, l’unica officina meccanica e gestisce i pontili. Chiunque ha una barca, sull’isola quasi tutti, dipende da lui. Per non parlare dei turisti che per un posto in banchina d’agosto fanno carte false.
Ido collabora anche con la Guardia Costiera per i recuperi. La sua pilotina attrezzata per il soccorso è carica di strumenti, veloce come un motoscafo e potente come un rimorchiatore. Tre anni fa una notte di novembre con il mare grosso ha ripescato dalle onde i due piloti dell’Elisoccorso di Grosseto, precipitati a poche miglia dalla costa con il loro elicottero. E si è preso una medaglia al valor civile.
Era in casa con sua moglie Ido quella sera del tredici gennaio. Una casa che è come una barca. Il ponte è una terrazza affacciata sul porto, domina tutto il canale. Il mare è lì sotto, a due metri. Ha sbirciato fuori dalla finestra e ha detto, “Paola vieni a vedere come passa in terra la Costa stasera”. Ha capito subito che qualcosa non andava. L’enorme sagoma scura avanzava piano verso nord, sbandata sulla sinistra. Poi le luci si sono spente di colpo, il buio e dopo un attimo i fari di emergenza. La Concordia non governava più. La pilotina è ferma per le riparazioni invernali, ma saltare sul motoscafo con cui porta i turisti a Santo Stefano è stato un attimo. Erano in quattro a bordo, due gigliesi, un carabiniere e il Capo di Locamare Giglio. Davanti ai loro occhi una scena di quelle che non si dimenticano. Urla nella notte, gente che chiede aiuto. Un altro schianto contro gli scogli, la poppa della Costa tocca la secca alla punta del Lazzaretto. Poi il frastuono delle catene, le ancore che piombano sul fondale di pochi metri e lo schianto delle maglie che si spezzano. Una cascata di scintille che paiono i fuochi di San Lorenzo. Spinta dalla corrente la nave si gira, si piega su un fianco e si appoggia alla Gabbianara.
Stare sotto quel grattacielo che si inclina sempre di più non serve a nessuno meglio tornare in porto, sgombrare le banchine. Poi di nuovo fuori questa volta con la barca da pesca per prendere a rimorchio le zattere di salvataggio e così avanti e indietro per tutta la notte. Una marea di naufraghi, una moltitudine di volti, una babele di lingue che si incrociano, come gli sguardi sgranati che cercano una faccia amica, un familiare. La mattina dopo nella luce tremula dell’alba lo scafo bianco, immobile e silenzioso sembra una balena bianca.
Ido adesso ha un’altra storia, la più straordinaria da raccontare ai nipoti nelle lunghe notti invernali dell’Isola.

Nessun commento:

Posta un commento