Sono un uomo fortunato, sto sulle colline alle porte del Chianti. Da queste parti ci sono ancora dei personaggi notevoli. Mauro, il mesticatore dell’Antella, che stamani spiegava ai suoi clienti il potere temporale della Chiesa. Un tipo che non ha nulla da invidiare alle caricature di Tognazzi e Vianello. Il fatto è che spesso questi figli di una cultura contadina, abituati al buon senso di una volta ci azzeccano eccome. Lo stesso per gli artigiani che incontro quando mi fermo a mangiare nelle pochissime vecchie trattorie ancora rimaste a Firenze, in San Frediano dove sono cresciuto e Santa Croce. Giovedì un falegname di Tavarnelle mi diceva che quando fa tanto freddo vuol dire che il tempo cattivo viene da nord e qui da noi non nevica, il brutto si scarica in Romagna, sull’Adriatico e al centro. Non ho replicato, ma aveva ragione. I contadini come i pescatori del Giglio capiscono il tempo annusando l’aria, hanno nei geni una sapienza antica che si è tramandata da generazioni. Alemanno se la prende con il servizio meteo perché non ha avvisato in tempo. Il sindaco di Firenze lo scorso anno fece lo stesso, dimostrando che non è un problema di destra o sinistra ma di competenza e intelligenza. A Londra la scorsa notte il termometro è sceso a -11 e tutto funziona. Perché dobbiamo essere governati dai peggiori? La mia brava vicina di casa ha più buon senso di Rutelli e non si farebbe fregare 13 milioni di euro senza accorgersene. Peccato che Monti uomo serio e preparato dica che il lavoro precario è monotono, sarebbe vero se si potesse perdere il lavoro e trovarne un altro, se il precariato non andasse braccetto con paghe vergognose. Il vero problema di questo paese è la sua classe dirigente. Siano politici incapaci, imprenditori poco onesti, dirigenti corrotti o accondiscendenti. Fin dall’unità all’Italia è mancata una borghesia illuminata con il senso dello Stato e l’attaccamento al Paese.
Aristocrazia e borghesia in Germania, Francia, Inghilterra sono state protagoniste della storia della filosofia, della scienza e dell’arte. Qui da noi troppo spesso hanno pensato solo ai propri interessi. Federico De Roberto ne I Viceré (1894) fa dire a uno dei suoi personaggi eletto deputato, ”ora che l’Italia è fatta dobbiamo fare gli affari nostri”. Appunto.
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