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sabato 19 maggio 2012

La politica di Don Abbondio ovvero pochi hanno coraggio, tutti gli altri devono darselo.

Mostar, Bosnia-Erzegovina, maggio 1997. La guerra è alla fine, ma la città è sempre divisa in due, in mezzo macerie e mine, la notte si spara ancora. Un commissario l’amministra in nome delle forze di pace, l’UNHCR, è un inglese, non ricordo il suo nome. Un giorno in un attentato muoiono alcuni civili. La mattina dopo in conferenza stampa parla pochissimo, dice cose semplici e molto chiare: i colpevoli sono delle bestie, dei vigliacchi che colpiscono persone innocenti solo per il loro interesse, per impedire che sia ristabilito l’ordine sociale e la legalità, li schiacceremo. Ero li su incarico di una rivista, la mia interprete disse quell’uomo ha coraggio, rischia la vita. Vero, ma quell’esperto diplomatico sapeva che l’attacco era una prova di forza, più mediatica che militare. Il primo modo per neutralizzarne gli effetti era quello di rispondere in modo inequivocabile: le istituzioni sono più forti e non si fanno intimidire. La massima fermezza davanti all’opinione pubblica, per mettere subito in chiaro chi comanda. Brindisi, maggio 2012. Ogni volta che questo paese è sul punto di cambiare scoppiano le bombe. Banche, piazze, treni, stazioni, chiese, musei e ora scuole. Non ho mai sentito qui reazioni simili, solo banalità, anche adesso si rincorrono le solite frasi logore, dal 1969 a oggi sono passati 33 anni. Questo è il problema dell’Italia, la mafia certo, ma soprattutto chi non l’ha mai combattuta, essendo colluso. Dai tempi delle dichiarazioni sui giudici ragazzini, degli abbracci palermitani, fino a Mangano eroe. Gente che le bombe le faceva mettere. Non esiste paese al mondo nemmeno in Sud America che vanti un tale record di violenza sociale e politica. Ci vorrebbe una classe dirigente di ben altro livello per salvare l’Italia. Di sicuro non lo faranno gli stessi che l’hanno portata alla rovina. Ora fingono di proporre soluzioni senza capire che IL PROBLEMA sono loro.

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